L’avanguardia russa, la Siberia e l’Oriente. Kandinsky, Malevič, Filonov, Gončarova.
Palazzo Strozzi, Firenze, 27 Settembre 2013 – 14 Gennaio 2014
La mostra che si è aperta in questi giorni nei bellissimi ambienti di Palazzo Strozzi a Firenze si presenta, fin dal titolo, come un’esposizione estremamente ambiziosa, volendo racchiudere l’Avanguardia Russa e le derivazioni dall’arte orientale in essa presenti. E va detto subito che questo è il grosso limite e, nello stesso tempo, il merito della mostra. Il merito perché le opere presentate sono spesso autentici capolavori dell’arte russa del secolo scorso, difficili da vedere e poco noti, perlomeno al grande pubblico. Contemporaneamente va evidenziato come un percorso espositivo che si proponga di analizzare le influenze dell’arte orientale su questo tipo di pittura sia, di per sé, un azzardo notevole. E, infatti, la mostra fallisce laddove si propone di riunire troppe istanze, a volte estremamente distanti tra loro e pressoché sconosciute al grande pubblico, oltre ad essere di difficilissima comprensione senza una preparazione adeguata. Il visitatore si ritrova così a vagare sommerso da molteplici stimoli visivi non adeguatamente accompagnati da un percorso didattico che possa aiutarlo a coglierne il senso. Inoltre va detto che l’arte russa della prima metà del Novecento è complessa e molto ostica per noi abituati ad una concezione prettamente europea delle correnti artistiche coeve. Suprematismo, Costruttivismo, Raggismo ed avanguardie simili sono estremamente concettuali per cui la fruizione delle opere appartenenti a questi movimenti risulta sicuramente complessa per il visitatore medio, in quanto già complicata per un addetto ai lavori.
Oltre a quanto appena detto la mostra presenta opere influenzate, non solo dall’arte dell’Estremo Oriente, ma anche da elementi di primitivismo locale (le kamennaya baby, idoli primitivi erroneamente associati alla fertilità femminile nell’immaginario locale) e altri legati alla diffusione delle pratiche sciamaniche ed alla venerazione di divinità boschive.
Tutti questi rimandi concorrono a creare un percorso espositivo fortemente suggestivo, ricco di stimoli e capace di attrarre ed incuriosire ma, nello stesso tempo, a rendere molto difficoltosa l’interpretazione delle opere visto anche lo scarso livello informativo dei pannelli di accompagnamento, che si limitano a brevi accenni alle varie influenze senza fornire gli strumenti didattici adeguati per decodificare le immagini proposte.
Al di là di questo resta l’indubbio piacere di poter ammirare dal vivo le opere di Malevič e Kandisky, della Gončarova ma, soprattutto, di Filonov, artista che meriterebbe di essere maggiormente conosciuto in quanto le sue opere, teorizzanti una Natura benigna, per nulla ostile ma quasi magica, contrapposta ad una società alienante, sono, prima di tutto, una delizia per gli occhi e vederle esposte è un’esperienza estremamente arricchente che da sola vale la visita.