Libri

#INDIaloghi – Intervista ad Alessandro Gallo

Mariangela Sapere

Con l’autunno riparte INDIaloghi, il ciclo di interviste di SC dedicato all’editoria indipendente, e lo fa a cominciare dall’editore Caracò.


Per il nuovo ciclo di INDialoghi, l’iniziativa di SC atta a promuovere l’editoria italiana alternativa, risponde alle domande di Mariangela Sapere uno dei fondatori della casa editrice Caracò, addetto alla progettazione e alle relazioni con i distributori.

 

Nell’editoria attuale la maggior parte degli editori ha mantenuto la produzione di libri tradizionali, affiancandovi edizioni elettroniche. Qual è lo scenario futuro più plausibile secondo lei? Il libro come oggetto ha i giorni contati?

Possiamo stare sereni, il lettore non ha preferenze, non vuole essere messo all’angolo e scegliere da che parte stare: cartaceo o elettronico? A chi legge dobbiamo dare la possibilità di poter scegliere quello che più è comodo per la propria modalità di lettura, senza esclusioni, pregiudizi e limiti.

Il cartaceo non sparirà perché spesso chi acquista o scarica un e-book lo fa perché è curioso di leggere, conoscere e capire chi è l’autore, ma soprattutto quale è il progetto editoriale della sua casa editrice e il più delle volte, se soddisfatto, acquista il cartaceo.

A noi capita spesso, come se il mondo del web e tutto ciò che gira attorno all’editoria digitale stesse diventando l’unico luogo (virtuale) dove ci si può fare conoscere e far “assaggiare” i propri prodotti.

 

Secondo il rapporto AIE sul mercato del libro relativo al 2013, il 30% del mercato in Italia è costituito da medi e forti lettori (che leggono più di 7 libri all’anno), che da soli generano tra il 39% e il 43% dei volumi di vendita. C’è una grossa fetta di mercato che non compra, e non legge, una miriade di potenziali “consumatori”. Perché non si riesce a sfruttarla?

Abbiamo più di una volta lanciato idee sui temi dell’educazione alla lettura, e del far conoscere il mondo dell’editoria. Sarebbe interessante creare una rete di comuni e scuole (medie e superiori) che possano invitare librai ed editori a parlare del mercato del libro, a discutere dell’importanza della lettura.  

Noi lo facciamo nel nostro piccolo in Emilia Romagna, e grazie al lavoro svolto negli ultimi tre anni, fino ad oggi abbiamo incontrato circa diecimila studenti e abbiamo dato vita a sette progetti inerenti alla scrittura, al teatro e al giornalismo.

Viviamo nell’era del bombardamento dei social e dei media, l’adolescente è abituato ad essere continuamente stimolato, gli editori e i librai che vogliono avvicinare nuovi lettori, devono stimolarli arrivando a casa loro, nelle scuole, nelle palestre, sui campi da calcetto, offrendo un prodotto divertente, leggero ma nello stesso tempo impegnato.

 

Caracò nasce nel 2011, quando il settore dell’editoria era già in crisi, per rispondere a un’esigenza: l’ossessione di fare libri. La passione basta ad affrontare i bilanci economici di fine anno o il piccolo editore si limita a resistere?

Si resiste solo se si accetta il fatto che il libro è anche altro.

Non bisogna limitarsi alla sola pubblicazione, promozione e vendita del libro ma creare attorno a sé una rete che vada oltre quelle pagine scritte, oltre le storie narrate dall’autore.

Bisogna accettare il fatto che una pubblicazione è un importantissimo oggetto multidisciplinare. Un “oggetto” attorno a cui letteratura, teatro e cinema si incontrano e costruiscono, formano ed educano i giovani lettori del presente.

Per questo molti dei nostri prodotti si trasformano in reading, spettacoli teatrali, diventano argomento per i laboratori per le scuole medie e le scuole superiori. Crediamo che chi oggi sceglie, con le mille difficoltà che ci sono, di intraprendere questo mestiere, lo debba fare con responsabilità e coraggio. Il coraggio di mettersi sempre in gioco, ogni giorno.

I dati e i bilanci parlano chiaro: la piccola editoria andrà verso la totale sparizione. Forse sì, se si pensa al libro come oggetto per riempire il bilancio di un’azienda, no se si pensa al libro come un’oggetto attorno a cui si creano reti culturali e la alimentano dal punto di vista artistico, umano ed economico. 

 

La vostra casa editrice punta molto sul rapporto diretto con il lettore, – lo definite un “patto di ferro” – e dichiara di portare avanti uno “statuto etico”. Come si realizzano, nell’attività editoriale concreta, queste due intenzioni?

Noi finiamo spesso nelle case dei lettori a parlare dei nostri libri e spesso capita che i nostri lettori vengano ospitati in un piano editoriale o in un progetto più ricco e complesso che comprende spettacoli, reading, lezioni nelle scuole. Quando non fai editoria a pagamento, quando eviti la grande distribuzione e punti tutto sul contatto diretto, scopri che esiste un mondo di lettori che non amano frequentare i grandi store e leggere i soliti noti, ma vogliono conoscere piccoli mondi in cui possono sentirsi a casa e avere fiducia in quel che gli viene proposto. Spesso questi lettori sono giovani, sono studenti, ed è con loro che lavoriamo.

Con loro costruiamo progetti, condividiamo idee, analizziamo assieme il presente e lo raccontiamo. Perché quello che tentiamo di fare è cercare di formare testimoni.



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