Vetrina. “Passaparola”
Un giallo sui generis, profondo e coinvolgente, dalla penna di Simon Lane.
La prima cosa è la prima pagina: l’incipit di Passaparola, opera a firma di Simon Lane edita da Ottolibri, cattura. Cattura tanto da trascinare il lettore nella pagina, a tu per tu con l’io che narra, la vibrante e ingenua (prima) persona di Felipe: un domestico indagato per l’omicidio dell’uomo che serviva, il signor Charles.
La storia, in questo caso, è chi la racconta; corrisponde al pensiero, fluente e ininterrotto fino all’ultima riga del libro, di un filippino senza permesso di soggiorno che ha trovato nell’alta borghesia francese, e nella turbolenta vicinanza del compagno Raimundo, l’unica via di salvezza. Perché la sua omosessualità lo ha reso straniero in patria, e ora la condizione di migrante, più che una condanna, gli appare un’alternativa ragionevole. Essere diverso, per gli altri, al punto da diventarlo anche ai propri stessi occhi, fa parte della sola idea di normalità che la vita gli ha concesso.
Ma la sorte in Passaparola porta un’eco involontariamente verghiana, e presto al prezzo già scontato se ne aggiunge uno peggiore. Felipe racconta dall’interno della sua cella, a chi non si sa – verrà svelato nel corso della storia; ma le motivazioni, nella semplicità apparente, talvolta retorica delle parole da lui dette o riportate (su tutti gli aforismi, a volte irritanti e altre illuminanti, di mister Penfold), prenderanno forma in profondità, passo dopo passo, e a dispetto dei toni brillanti, a tratti tragicomici, che caratterizzano la narrazione.
È il maggior pregio del libro di Lane (come di tutti i libri ben riusciti del mondo): la capacità di deliziare pur lasciando una punta amara in fondo al palato. L’intrattenimento in Passaparola, a scanso di alcuni punti in cui il brodo potrà sembrare lievemente allungato, la fa da padrone, ma in modo intelligente. Anche quando pare che resti in superficie, l’autore sta in realtà lavorando fra le righe per costruire una miriade di sbocchi alternativi di senso, di direzioni di significato. E tramite la voce di un protagonista indimenticabile che con un’ingenuità foriera di saggezza – come anche di dolore – riesce a ritrarre, ma soprattutto a criticare, la cosiddetta società civile di Francia.
Questo libro non è dunque soltanto il giallo di un domestico filippino che gira per Parigi con un cadavere in un bidone. È un viaggio – «la vita è un viaggio, l’amore è un viaggio» – in un borgesiano deserto senza centro. Da seguire in tutte le sue tappe circolari, senza mai desistere. Pena: la perdita di una piccola ma grandiosa lezione di scrittura, e di una nota biografica d’appendice fra le più belle mai scritte.
- Genere: Romanzo; giallo
- Altro: Traduzione di Cristina Ingiardi.