Vetrina. “Contro”
Un manifesto di rabbiosa ribellione dalla penna straniera di Lydie Salvayre.
Sia ben chiara innanzitutto una cosa: in Contro, breve volume di Lydie Salvayre edito in Italia da Bébert, non succede assolutamente niente. A parte la rabbia. La psichiatra e scrittrice francese fa sua la scrittura della ribellione, l’energica spiritualità del rancore, in un fulmineo e vibrante manifesto strutturato alla maniera d’un salmo responsoriale. In questo libro, che introduce la collana International dell’editore bolognese, la fede – nell’idea, non nel divino – è letteralmente agita tramite la parola: la Salvayre lo dimostra comportandosi da ariete, da incudine che s’oppone ai colpi del martello. Il suo è un assedio in forma scritta, con una sua propria pazienza unita alla violenza di una volontà inesorabile.
Ma qual è la vera violenza, quella dell’oppresso ribelle o quella dell’oppressore? Un quesito che è ovvio soltanto all’apparenza, sul quale Contro spinge a soffermarsi fin dalle sue prime pagine. Le ragioni dell’oppresso sono tutte lì, illustrate per quadri, descritte con frasi d’efficacia tagliente, interrotte da formule simili – “io cerco un uomo, signore e signori” – oppure identiche (e sarcastiche) – “il paese va a gonfie vele Rachele”. Le ragioni dell’oppresso sono i chiodi d’accusa all’oppressore, che nel caso specifico del libro è la Francia ma potrebbe quasi essere qualunque, dato che Contro possiede il pregio di discorrere attraverso toni universali – “nella repubblica da dove vengo, gli uomini non hanno più né occhi né lingua. Dicono di sì a tutto. Applaudono a tutto. Leccano e accarezzano. Non recalcitrano davanti agli intralci”.
Nell’invettiva a lento rilascio di Contro, nel suo climax ascendente scorrevole non senza difficoltà, a colpire è la lucidità con cui l’autrice, pur concependolo per una lettura pubblica (quindi per una performance orale), si dedica alla composizione di un testo destinato a restare. Con il libro della Salvayre non vale – ma del resto, potrebbe valere ancora e sul serio? – la distinzione fra verba e scripta: le cose dette e le cose scritte si uniscono nell’azione per rimanere entrambe impresse nella memoria. La descrizione è forza motrice; il coraggio di dire, di non tacere è un odore forte che stordisce. Ci si deve far l’abitudine per assistere alla schiusa dell’energia e dell’essenza di Contro, al suo esplodere e fiorire che crea opposizione “contro i morti per niente / contro le orazioni fielose dei devoti / […] contro quelli che dicono purezza con un coltello in bocca”, dolore sincero che coltiva boccioli d’utopia, mai come in questo momento intimamente necessari.
- Genere: Narrativa
- Altro: Traduzione di Alice Cibelli.