Dell’autore e di altri demoni – La magia di Gabriel Garcìa Marquez
Un tentativo di sintetizzare la poetica di Gabriel Garcìa Màrquez a poche settimane dalla sua scomparsa.
«Il giorno che l’avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5,30 del mattino per andare ad aspettare il battello con cui arrivava il vescovo. Aveva sognato di attraversare un bosco di higuerones sotto una pioggerella tenera, e per un istante fu felice dentro il sogno, ma nel ridestarsi si sentì inzaccherato da capo a piedi di cacca d’uccelli».
Cronaca di una morte annunciata è il titolo rivelatorio, così come l’incipit, di uno dei capolavori di Gabriel Garcìa Màrquez. Il testo ha un’architettura complessa ma precisa al millimetro, il puzzle di una giornata: ogni tassello è il punto di vista di un personaggio che conosce, ma non può impedire, l’ineluttabile destino di morte.
Gabriel Garcìa Màrquez, nato nel 1927 ad Aracataca, in Colombia, ha lasciato molto di più dei suoi undici romanzi, delle raccolte di racconti, dei saggi, dei reportage. Ha lasciato un mondo, e numerosi varchi per accedere a Macondo, che di questo mondo è l’emblema.
Un’invenzione letteraria che è la cifra di gran parte della sua produzione, il luogo in cui si realizza il realismo magico: l’elemento fantastico non appartiene a una sfera diversa da quella della “realtà” fattuale, ma ad essa si mescola in una verosimiglianza che non viene messa in discussione.
Il primo viaggio a Macondo del Màrquez scrittore avviene a 23 anni. In quel periodo viveva a Barranquilla, dove passava il tempo a scrivere, fumare e frequentare bar. La madre lo andò a cercare per farsi accompagnare ad Aracataca, a vendere la casa dei nonni, in cui Gabo aveva vissuto fino agli otto anni. Quel ritorno fu fondamentale. La commistione di ricordi e atmosfere che aveva respirato dalla nascita, furono la spinta che gli mancava.
Il Monologo di Isabel mentre vede piovere su Macondo, pubblicato nel 1955, è l’atto fondatore del villaggio, nominato per la prima volta, afflitto da una pioggia torrenziale ed eterna.
Abitanti bizzarri, chiaroveggenze, storie tramandate, leggende si agitano in Màrquez insieme a un’esigenza narrativa che cerca la sua forma definitiva. La via giusta imboccata nel gennaio del ’65, quando capì che avrebbe dovuto scrivere nello stesso modo in cui la nonna Tranquilina raccontava le sue storie. Si mise a lavoro per quasi due anni e produsse Cent’anni di solitudine, «Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito».
Macondo è diventato una realtà che travalica i confini dei libri. Un posto in cui l’incantesimo convive con la putredine, vantando lo stesso diritto di cittadinanza. Aleggia nell’aria un particolare tipo di rassegnazione, che si regge sulla speranza di cambiamento legata all’auspicarsi di un evento risolutivo eccezionale. La comparsa di un angelo, l’odore di rose che si leva nell’aria, l’arrivo della compagnia bananiera, e allora le piogge si fermano, il terreno si asciuga, il villaggio rifiorisce. Poi torna la soledad e di nuovo l’attesa.
Centinaia di personaggi vivono in questo mondo, alcuni di loro si muovono da un testo all’altro portandosi dietro la propria storia, talvolta dando vita a spin-off, come La incredibile e triste storia della candida Eréndira e della sua nonna snaturata, in cui si narrano le vicende della quattordicenne, già incontrata da Aureliano Buendìa in Cent’anni di solitudine, che dovrà prostituirsi per dodici anni con settanta uomini a notte, per ripagare un debito alla nonna.
Nel racconto Un signore molto vecchio con delle ali enormi, Pelayo e sua moglie, scoprono, impantanato nel fango, un uomo con due grosse ali. «Tanto lo osservarono e con tanta attenzione, che Pelayo ed Elisenda si rimisero presto dallo stupore e finirono per trovarlo familiare (…). Fu così che passarono sopra l’inconveniente delle ali, e conclusero con molto buon senso che era un naufrago solitario». Ecco la magia di Màrquez, il lettore che passa sopra l’inconveniente delle ali, e ascolta con fiducia la storia in cui quelle stesse ali avranno un ruolo fondamentale.