Vetrina. “A occhi aperti”
Mario Calabresi racconta le storie di dieci fotografi straordinari che ha intervistato. Il risultato è un volume appassionante di fotografia e giornalismo.
Corrispondente da New York per il quotidiano La Repubblica fino al 2009 e oggi Direttore de La Stampa, Mario Calabresi è un uomo che di storie ne ha viste tante e altrettante ne ha raccontate. In questo volume racconta le immagini e le parole di dieci grandi fotografi: Steve McCurry, Josef Koudelka, Don McCullin, Elliot Erwitt, Paul Fusco, Alex Webb, Gabriele Basilico, Abbas, Paolo Pellegrin e Sebastião Salgado.
“Volevo sapere cosa era successo un attimo prima e un attimo dopo il momento dello scatto” spiega l’autore nell’introduzione. In realtà nel libro c’è molto di più: la capacità di cogliere tutta l’immedesimazione, il dolore e le ferite che spesso quelle fotografie hanno prodotto nella mente e nei corpi dei loro autori.
È il grande Steve McCurry il fotografo con cui si apre il volume, autore nel 1983 di un reportage per il National Geographic Magazine sulla stagione dei monsoni in India, Nepal, Bangladesh e Filippine che lo consacrerà con quattro World Press Photo in un colpo solo. Per scattare alcune foto a Porbandar, racconta McCurry “ho trascorso quattro giorni nell’acqua fino al petto tra i corpi degli animali: c’erano topi, cani e mucche morte che galleggiavano”. È questa “immersione” nell’oggetto fotografato – spesso l’unico mondo di capire fino in fondo e di scattare la foto perfetta – uno degli aspetti più interessanti del volume. È quello che fa Koudelka all’alba dell’occupazione russa di Praga nel 1968, quando scatta migliaia di fotografie che per anni faranno il giro del mondo senza il suo nome e che lo costringeranno all’esilio volontario per timore di ritorsioni del regime comunista. È quello che fa Don McCullin a Cipro nel 1964, in Vietnam e in Biafra nel 1968, a Beirut nel 1976: fotografie che raccontano il dolore della guerra e della morte visto talmente da vicino che è impossibile liberarsene per il resto della propria vita.
Calabresi è un ascoltatore attento e riesce a rendere la magia dell’incontro con i grandi fotografi nei commenti che accompagnano i lunghi stralci delle interviste. Il libro si conclude con Sebastião Salgado e con una riflessione sulla capacità catartica della fotografia. Il genocidio ruandese, che Salgado ha documentato nel 1994, è stato per lui un trauma terribile superato solo molti anni dopo proprio grazie alla fotografia: l’acclamatissimo progetto Genesis che racconta i luoghi più incontaminati della terra con la sapienza del grande maestro.
- Genere: Saggistica