Vetrina. “Per il nostro bene”
“La nuova guerra di liberazione: viaggio nell’Italia dei beni confiscati”. Con Alessandra Coppola e Ilaria Ramoni.
Come vengono utilizzati gli oltre 11.000 beni immobili, terreni e aziende confiscati alla criminalità organizzata in Italia? È questa la domanda che si pongono le due autrici del libro Per il nostro bene, edito da Chiarelettere. Ilaria Ramoni, avvocato esperto in legislazione antimafia, e Alessandra Coppola, giornalista, attraversano il paese da nord a sud, per visitare i luoghi sottratti all’illegalità e non sempre restituiti alla collettività.
È un viaggio accompagnato da interviste ad amministratori, associazioni e funzionari delle forze dell’ordine che forniscono un quadro dello stato, preciso e spesso sconcertante, della lotta ai patrimoni della criminalità: ostacoli burocratici, ipoteche bancarie e contiguità con contesti ai limiti della legalità sono i fattori principali di un bilancio negativo.
Diviso in otto sezioni dai titoli significativi (I simboli, Le convivenze, Gli ostacoli, Gli sprechi, La negazione, L’assedio, Il business, Le prospettive) il volume mette in luce le emergenze e le difficoltà del recupero dei beni. A partire dalla situazione paradossale dell’organismo che dovrebbe gestirli: l’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, fondata nel 2010 ma priva di risorse sufficienti per operare adeguatamente. Le autrici raccontano storie clamorose di immobili ancora nella disponibilità di parenti dei boss a cui sono stati sottratti, come il castello di Miasino in Piemonte, affittato per matrimoni ed eventi; di occupazioni abusive; di devastazioni perpetrate subito prima dello sgombero per rendere inagibili gli immobili; di pericolose “contiguità” tra il bene e un contesto ambientale ostile alla sua rinascita. Non va molto meglio per le aziende confiscate, che nelle mani della criminalità sono floride solo perché gestite con metodi intimidatori nei confronti di dipendenti e fornitori. Quando lo Stato ne entra in possesso riappaiono i creditori oppure appare evidente che si trattava di “scatole vuote” usate per riciclare denaro.
La forza nel libro sta nella volontà di capire perché quella che dovrebbe essere un’opportunità per lo stato e la collettività in molti casi non lo è, ma anche nella sua capacità di portare alla luce le buone pratiche che potrebbero essere seguite: le cooperative gestite da Libera in Sicilia, per esempio, che hanno coltivato terreni a lungo abbandonati per restituirli a un’economia più equa. Ed è proprio questo uno dei punti chiave del volume: si può rendere questo patrimonio una risorsa non solo simbolica, sociale e culturale, ma anche economica? La risposta è sì, a patto di costruire una nuova cultura della legalità fatta di risorse, competenze, idee ed energie. Una scommessa per la lotta alla criminalità e il futuro del Paese. “C’è il pericolo di una clamorosa sconfitta collettiva” scrivono le autrici, “Abbiamo scritto questo libro per scongiurarla. Per il nostro bene”.
- Genere: Saggistica; inchieste