Vetrina. “La morte moglie”
Accostarsi alla poesia di Ivano Ferrari significa non aver paura di affrontare temi impegnativi come il lutto, la malattia, il senso di ingiustizia insito in una morte prematura.
La scelta editoriale di Einaudi di pubblicare sotto l’unico titolo di La morte moglie due opere di Ivano Ferrari scritte a distanza di trent’anni l’una dall’altra (Le bestie imperfette e, appunto, La morte moglie) è emblematica rispetto all’incredibile coerenza poetica dell’autore. Quasi inevitabile, nell’accostamento, considerare la prima, che descrive la macellazione dei bovini, come terribile presagio della seconda, in cui è narrata la terribile malattia della donna.
Il poeta riesce a rappresentare, nel breve spazio di poesie di pochissimi versi, temi universali e molto forti senza nascondere la violenza fredda e cruda insita nella morte. Una morte che non è mai rassegnazione pacifica perché non arriva mai nel momento in cui te la aspetteresti, nel momento in cui non resta più niente da dire e la vita è giunta alla sua naturale conclusione. La morte descritta da Ferrari è corporea, violenta, carica di umori e sangue, inspiegabile come tutto ciò a cui non si riesce a rassegnarsi.
E, sebbene il poeta si ponga in un filone estremamente battuto che dalla tragedia greca arriva fino a Foscolo ed ai suoi Sepolcri, al Manzoni ed al suo Cinque Maggio, fino al più recente Caproni con il suo Congedo del viaggiatore cerimonioso, udiamo in Ferrari una voce totalmente nuova ed inedita, quasi a sfatare il mito che tutto sia già stato detto e scritto. La morte è descritta con un coraggio e una verità che non evitano di sconvolgere il lettore perché l’autore stesso si presenta davanti a lui sanguinante e ferito, con le mani imbrattate del sangue delle vittime che descrive (metaforico, nel caso della moglie, e reale, nel caso degli animali). Ferrari sembra proclamare che non c’è e non può esserci serenità né rassegnazione nella morte. La morte porta in sé un carico di violenza ineluttabile che è necessario accettare ma alla quale non è possibile rassegnarsi.
Non c’è speranza, non c’è un dopo, un ulteriore nei versi di Ferrari; ogni ottica salvifica è esclusa e l’esistenza di un Paradiso non è neppure presa in considerazione. C’è solo un eterno presente raggelato nel momento del dolore estremo e la fine, il passaggio dal momento in cui si è esseri viventi a quello in cui si diventa esseri inanimati, è rappresentato come lotta senza resa né riposo.
- Genere: Poesia