Incontro con Efraim Medina Reyes
La libreria Hamletica porta a Maddaloni, in provincia di Caserta, lo scrittore colombiano Efraim Medina Reyes, per una serata che è molto più di una semplice presentazione di libri.
Non poteva festeggiare meglio i suoi primi 3 anni di attività Hamletica – l’unica libreria di una città come Maddaloni (Caserta) che pure conta circa 40 mila anime – se non ospitando, come ha fatto il 15 novembre scorso, lo scrittore colombiano Efraim Medina Reyes . E ospitare forse è proprio il termine più adatto: ciò a cui si è assistito infatti non è stata una semplice presentazione di un libro ma un emozionante incontro, spontaneo come il ritrovarsi con un amico di lunga data e, allo stesso tempo, sorprendente come l’avere di fronte un grande scrittore, con le sue storie e la sua cultura così diversa e così lontana.
Medina Reyes è arrivato in libreria con due ore di ritardo, si è scusato e, come fosse a una serata tra amici, ha offerto ai presenti del cibo tipico della sua terra che lo scrittore stesso ha cucinato per l’occasione. La sua presenza, i suoi modi, la sua disarmante leggerezza bastano a farti sentire schiavo dell’orologio, discepolo della religione della Tempo, frutto di una cultura con l’acceleratore costantemente premuto. Non resta allora che spegnere il cellulare e lasciarsi trascinare dalle parole dello scrittore che piovono, inarrestabili, parole che trasformano l’Hamletica in Città Immobile, la “bella e terribile” Cartagena de Indias – patria di Efraim – dove le persone bevono, ballano e vivono, dove per “inverno” si intendono i (rari) giorni di pioggia, a prescindere dal periodo dell’anno, dove un metro quadrato più caro di Venezia è poco distante da un quartiere popolare – come quello in cui è nato l’autore – con i suoi clan e quel senso di protezione, solidarietà e comunità difficile da trovare altrove.
A sentire le parole di Medina Reyes, diventare uno scrittore è stato quasi un incidente di percorso sia perché, dalle sue parti, “era inconcepibile pensare di pubblicare dei libri”, sia perché egli stesso voleva fare – e ha fatto – altro. Nelle sue tante vite il colombiano è infatti stato: pugile (detentore del record di nessun incontro vinto), rocker (detentore del record di 9 copie vendute con il suo album “Canzoni mediocri” e di ancora meno copie con il secondo “Canzoni ancora più mediocri”) e medico – professione esercitata per 3 anni e poi interrotta a causa di un ciclo di cure farmacologiche a cui l’autore si è sottoposto in seguito alla morte del padre. E proprio durante tali cure – e grazie all’intervento di un medico geniale che ha “prescritto” all’autore la lettura di libri piuttosto che l’assunzione di farmaci come rimedio per la sua insonnia cronica – è scattato l’amore per la scrittura grazie alla scoperta de Il mestiere di vivere di Cesare Pavese. Se in linea di massima, “in caso di depressione una pistola è meglio di questo libro”, l’autore dichiara che proprio l’opera dello scrittore piemontese è riuscita a portargli un grande sollievo e a dargli l’input alla scrittura: “Pavese mi ha fatto capire che scrivere poteva essere una via d’uscita a tante situazioni fuori e dentro di me”. Così – ma solo dopo aver diffuso l’opera dell’autore italiano per tutto il paese – Medina Reyes inizia a comporre racconti in cui affronta le contraddizioni della sua terra, così simili alle proprie e descrive le sue esperienze e gli amici di sempre.
Il resto sembra accadere quasi per caso: la vendita, inaspettata, di tutte e 30 le copie dei suoi scritti affidati a una bancarella, il rogo – da lui stesso alimentato – dei suoi libri a opera di femministe sue concittadine che lo accusavano di misoginia, la vittoria nel 1995 del Premio letterario più importante della sua nazione grazie alla raccolta di racconti Cinema albero, fino al rocambolesco approdo alla Feltrinelli e all’incredibile contratto con la casa editrice multinazionale spagnola Pineta. Episodi, questi, raccontati dal colombiano con una sincerità e un’innocenza disarmanti, e arricchiti da godibilissimi aneddoti e vorticose digressioni.
Oltre alle sue coinvolgenti narrazioni, Medina Reyes ha regalato al numeroso pubblico dell’Hamletica letture di estratti tratti dal suo ultimo romanzo, Quello che ancora non sai del Pesce Ghiaccio, e dal libriccino autoprodotto Pistoleri puttane e dementi, da cui emergono le sue considerazioni sulla società contemporanea, l’amore e la scrittura, unico modo “per fermare l’implacabile ansia e la voglia di morire… e poi è un metodo economico e accettabile quando l’obiettivo è una bionda tettona”.
Un applauso dunque a questo scrittore che riesce a far convivere profondità e leggerezza in una scrittura viscerale in cui galleggiano piccole isole di frasi che brillano di luce propria, e che viene voglia di scrivere ovunque. E un applauso anche a Marco Boccia, coraggioso fondatore di Hamletica, anch’essa a suo modo una piccola isola le cui numerose iniziative – dal teatro alla pittura, dalla fotografia alla scrittura – risplendono nel (purtroppo) desolante panorama maddalonese.
Foto di Roberta Iadevaia