Bolze/Messaoudi: baroni rampanti allo specchio in “Barons perchés”
Per TorinoDanza festival l’acrobata francese e maestro del nouveau cirque Mathurin Bolze è tornato in scena con il secondo capitolo del lavoro su Il barone rampante di Italo Calvino, qui proiezione della favola di Cosimo Piovasco di Rondò quanto de Il sosia (1846) di Dostoevskij
«Tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra» (I. Calvino).
Che cosa accadrebbe se un bel giorno, camminando al sole, scoprissimo di aver perso la nostra ombra? O se, improvvisamente, davanti a noi quell’ombra diventasse uno spettro in carne e ossa e prendesse a camminarci a fianco? Avevamo lasciato Bachir, il barone rampante di Fenêtres, solo nella casa sull’albero con le finestre, alle prese con i suoi sogni di leggerezza, e ora insieme a lui c’è qualcuno che è un se stesso più vecchio ma anche più giovane. Non ha nome ma indossa gli stessi abiti di Bachir, lo imita nei movimenti ma sa schivarlo. Si è intrufolato nel suo capanno di notte, in mano una valigia come di ritorno da un lungo viaggio. E, in effetti, di tempo ne è passato da quando Bachir si allontanò dal mondo degli uomini per sperimentare la libertà dalla cima di un elce: i rampicanti hanno invaso il piccolo spazio vitale facendosi strada tra le fenditure del tetto e il misero mobilio ricoperto dai teli bianchi è testimone di una lunga desolazione. Che quello stato di apatia diffusa alberghi anche nella mente di Bachir o, addirittura, ne sia il riflesso? Tutto sembra convergere verso questa ipotesi, perché il “doppio che gli cammina al fianco” non è il fratello che prima non si era manifestato, l’amico tanto atteso e finalmente ritrovato. No. È soltanto il frutto della sua immaginazione, un alter ego creato ad arte per sentirsi meno solo, un fantoccio che all’occorrenza può anche tornare inanimato.
Il grande acrobata francese e maestro del nouveau cirque Mathurin Bolze lo rivela quasi apertamente: nonostante la filiazione dichiarata col Barone rampante di Calvino, Barons perchés – prodotto come il seguito del solo Fenêtres dal suo collettivo Les Mains les Pieds et la Tête aussi (MPTA) e presentato a TorinoDanza dal 15 al 18 settembre – è un’emanazione della favola di Cosimo Piovasco di Rondò almeno quanto dell’incubo del Sosia (1846) di Dostoevskij. Certo, l’impianto scenico è pressoché identico a quello di Fenêtres, il tappeto elastico continua a dar vita a un’incredibile partitura di acrobazie aeree ai limiti della levitazione, è il trampolino sul quale cadere per cadere, per rivolare sempre più, per roteare nella casa, per dare il via alle corse sulle pareti; ma qualcosa è cambiato, e non soltanto perché i protagonisti sono diventati due, Bachir (Karim Messaoudi, già flessibilissimo in Fenêtres) e il suo doppio (Mathurin Bolze, sempre impeccabile per grazia e precisione tecnica). Intanto, sono cambiati i presupposti estetici con cui Bolze avviò il nuovo corso del circo contemporaneo: nel 2002 la sua era una ribellione dalle convenzioni che impedivano di uscire dai limiti del cosiddetto spettacolo dal vivo, cioè quando teatro, danza e circo erano separati in ambiti distinti; dopo quasi quindici anni, la ribellione si è però trasformata in riconciliazione, è uscita dalla calligrafia acrobatica pura per diventare narrazione potentissima, spazio visionario aperto a indagini più profonde. Come quella sul dubbio esistenziale: il dialogo al quadrato tra le due figure parallele e similari – entrambi i Bachir si sfiorano, si toccano, si guardano, si parlano, sgusciano da botole e finestre, volteggiano e rimbalzano all’unisono, si piegano e si spingono, divisi tra momenti di rabbia o di estasi, di solitudine o di incontro, di affettività o di disperazione, di slancio o di sospensione – compone un caleidoscopio emotivo capace di serrarci la gola. Forse perché racconta di noi, della nostra quotidianità, dei nostri passi falsi, dei nostri sdoppiamenti interiori, della paura di creare relazioni già a partire dal momento in cui un altro corpo occupa il nostro spazio, lo attraversa e si inscrive col suo contorno in una dimensione che non ammette estranei.
Nel romanzo di Dostoevskij l’internamento è l’epilogo annunciato fin dalle prime pagine, neppure si tenta di esorcizzare l’ipotesi: quando Goljadkin viene ricoverato, contempliamo con angoscia l’acme del disturbo e del disorientamento che lo hanno indotto a crearsi un sosia, in tutto e per tutto simile a lui stesso. Barons perchés non è così categorico: i due baroni rampanti imparano a fronteggiarsi e a riconoscersi come le due metà della stessa mela. Del resto, senza quel “doppio che ci cammina al fianco” non sapremmo, una volta rifiutate le nostre colpe, a chi addebitarle; non potremmo pensare come saremo domani e, appiattiti sull’oggi, ci muoveremmo in uno spazio senza rinvio. Soprattutto, non potremmo amare, perché non sapremmo che esiste un altro simile, eppure diverso da noi.
Dettagli
- Titolo originale: Barons perchés
- Regia: Mathurin Bolze
- Anno di Uscita: 2015
- Cast: Mathurin Bolze e Karim Messaoudi
- Altro: Produzione Compagnie les mains les pieds et la tête aussi Coproduzione La Comédie de Valence - CDN Drôme Ardèche con il sostegno della commissione nazionale di aiuto alle arti del circo (DGCA) e il sostegno straordinario della convenzione di cooperazione Città di Lyon / Institut français e della Région Rhône-Alpes.
Altro
- Scenografia: Goury
- Dispositivo Luci: Christian Dubet
- Creazione Luci: Jérémie Cusenier
- Creazione Suono: Jérôme Fèvre
- Regia Suono/Video: Frederic Marolleau
- Direttore di Scena/Luci: Nicolas Julliand
- Coordinamento Artistico: Marion Floras
- Durata: 60 minuti
- Visto il: Sabato, 17 Settembre 2016
- Visto al: Fonderie Limone, Moncalieri (TO)
- LINK: http://www.torinodanzafestival.it/?projects=barons-perches