Arti Performative

Cuocolo/Bosetti // Roberta cade in trappola

Valentina Solinas

Dopo quindici anni di spettacoli fatti all’interno di case e hotel, gli italo-australiani Cuocolo/Bosetti riportano il teatro nella sala chiusa di una struttura: Il Funaro di Pistoia, dove “Roberta cade in trappola” ha debuttato in prima assoluta 


 

Una musica allegra, anni cinquanta, accompagna l’entrata del pubblico nella piccola e intima sala del Funaro di Pistoia, mentre con fare disinvolto Renato Cuocolo e Roberta Bosetti sistemano gli oggetti sul tavolo in legno che occupa il centro della scena, priva di palco.

Dopo quindici anni di spettacoli fatti all’interno di case e hotel, come spazio di condivisione diretta con gli spettatori, Cuocolo/Bosetti Iraa Thetre riporta il teatro nel suo contesto tradizionale: la sala chiusa di una struttura; e per il debutto assoluto di Roberta cade in trappola – The space between il luogo ospitante è Il Funaro, anche residenza periodica del duo italo-australiano che solo qualche settimana prima, il 5 e 6 febbraio, ha rappresentato The Walk nella medesima residenza pistoiese. La compagnia è stata al Funaro anche nel 2015, con MM&Movies, e Monstrosities and Masks.   

Roberta cade in trappola – The space between è la tredicesima parte di una serie di progetti basati sul tema della caduta interiore, sul senso della vita, e dell’influenza che l’arte ha su di essa.

Roberta Bosetti s’introduce al pubblico donando se stessa e alcuni frammenti del suo vissuto, un gioco meta-teatrale che riduce al limite il confine tra finzione e vita, esaltando la natura ludica del teatro: «Ho un teatro nella testa» ripete Roberta Bosetti, un leit motiv che riaffiora di tanto in tanto durante il lungo monologo che ricorda una seduta psicoterapeutica. La testimonianza di una persona malata, un grido che con la sua potenza potrebbe squarciare l’universo; dove i sentimenti di dolore, passione, felicità, amarezza, nostalgia, paura, e rabbia, trapelano dalla voce e dai gesti della Bosetti. Una donna fragile, con le mani tremolanti e irrequiete, siede dietro a un tavolo di legno. È illuminata da un riflettore centrale che rileva i tratti angelici e malinconici del volto, attraverso il quale, a fatica, cerca spazio un blando sorriso che appare e scompare con lo scorrere delle emozioni della protagonista. Grazie alla telecamera digitale manipolata da Renato Cuocolo, le immagini e i personaggi ricordati dall’attrice sono proiettati alle sue spalle, e i ricordi si materializzano vivacemente in un mix di rappresentazione teatrale e cinematografica, dove lo spettatore è scortato verso il mondo di Roberta, attraverso una duplice guida: la voce dell’attrice e l’occhio della telecamera che inquadra i tratti dei personaggi e ne evidenzia i dettagli descritti dalla donna; fotografie incollate in un raccoglitore-diario, figure semplici, rubate alla quotidianità; naturali e realistiche quanto le opere di Duane Hanson. Il teatro mentale di Roberta travalica all’esterno, e nella sala si espande il suono prodotto artigianalmente dalla performer con il microfono, lo stesso con cui la Bosetti, all’occorrenza, altera la propria voce. Il battito del cuore risuona nella stanza, così come pare di sentire le ruote di un treno sferragliare sui binari. La vitalità del teatro sembra sfidare la cupezza del tema: la depressione (spettro autobiografico dell’attrice), e La cosa brutta per David Foster Wallace, le cui opere hanno ispirato Cuocolo/ Bosetti.

Roberta cade in trappola è una ricerca sull’alterità del teatro rispetto alla vita, condivisione di due realtà i cui effetti sono la solitudine e l’incertezza: «siamo soli», sentenzia Roberta, citando Rainer Maria Rilke, poco prima di racchiudersi dentro ai suoi ricordi, nella sua isola felice: il pianeta G570, il modello di un vecchio mangianastri che potrebbe ricordare il registratore a bobine del Krapp di Beckett, se non si trattasse di un vecchio registratore ritrovato accidentalmente nella cantina di casa Bosetti. Sia nell’Ultimo nastro di Krapp sia in Roberta cade in trappola il registratore ha valore semantico del ricordo, ma nello spettacolo di Cuocolo/Bosetti il rapporto causa-effetto si ribalta: il registratore non è motivo di rimpianto per occasioni mancate, bensì è motivo di gioia e conforto, un pianeta sul quale rifugiarsi mentalmente, allontanandosi dalla sofferenza, dal rimpianto, e dal mondo.

L’ultima fatica di Cuocolo/Bosetti studia il trascorrere del tempo, i cambiamenti e la crescita personale; il passato si confronta con il presente e tira le somme di una vita spesa tra vittorie e mancanze, solitudine e speranza. In questo lavoro l’empatia con il pubblico non si stabilisce mediante lo spazio; scatta il processo d’identificazione con il personaggio e il suo bisogno di evadere da quella trappola, dove presto o tardi cadiamo tutti.

 

 

 



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