In località Salto di Quirra, Sardegna, è guerra tutto l’anno dal 1956: al Poligono Sperimentale ordigni vengono fatti brillare, missili lanciati verso il cielo e scorie sepolte sotto terra. E’ una festa per gli abitanti del luogo, vite indietro di decenni illuminate dall’esplosione di esperimenti ballistici perpetrati non solo dai militari italiani, ma anche europei e del resto del mondo. Se da una parte c’è la meraviglia per queste curiose deflagrazioni, dall’altra v’è la “piaga”: leucemia, deformazioni, aborti spontanei colpiscono la popolazione umana ed animale. Materia Oscura, quarto documentario scritto e diretto da Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, è la tensione filmica verso la ricerca dell’irraggiungibile, come la dark matter tanto agognata dagli scienziati di mezzo mondo.

Con il loro consueto piglio registico, D’Anolfi/Parenti strutturano con estrema cura il loro film d’accusa in una forma tripartita, come una formula matematica seguono ogni passaggio logico: impossibile dare ad ogni immagine una spiegazione fissa senza aver prima visto il risultato, consegnato in un formato tutt’altro che “scientifico”. Scavando nel reparto emotivo più recondito d’ogni persona, il duo adotta la precisa scelta di non mostrare la malattia nell’essere umano, ma attraverso un vitello il cui male è evidente nella sofferenza più dei contadini e della madre che in lui stesso. Il dolore di chi osserva stringe il cuore più di quanto il provarlo in prima persona possa mai fare. Materia Oscura è un lamento tragico tanto potente da non dover fare alcun uso delle parole, ma solo delle immagini e del suono. Fondamenti del Cinema, inteso come linguaggio e arte, che mettono in luce quant’è in ombra, coperto nella stessa oscurità da cui il Proiezionista del Poligono è sempre avvolto.