Arti Performative

Macelleria Ettore – Amleto?

Franco Cappuccio

Il nuovo lavoro della compagnia trentina Macelleria Ettore, dal titolo “Amleto?”, ispirato dall’opera shakespeariana.

Al di là di tutte le considerazioni, una cosa bisogna dirla: debuttare in uno dei tesori barocchi di Napoli, quella Cappella Sansevero tanto discussa per i riti di magia del Principe Sanseverino, affianco del Seicento napoletano come il Cristo Velato, è una sfida difficile, per la complessità del luogo, ma anche una possibilità. Una sfida, quella raccolta da Macelleria Ettore, nel debutto della sua nuova produzione dal titolo “Amleto?”, incentrata appunto sul dramma shakespeariano, preso come punto di partenza, secondo la metodologia tipica della compagnia trentina, per sviluppare delle divagazioni drammaturgiche su quei temi curati drammaturgicamente dalla regista Carmen Giordano.

La scena si presenta spoglia, con due attori, i bravissimi Maura Pettorusso e Stefano Detassis, due facce della stessa medaglia, due facce del dubbio (ovviamente, amletico) che si attanaglia nel cuore del principe di Danimarca. Pazzia, amore, solitudine, sofferenza, tutto si risolve in questo balletto a volte amorevole, a volte rabbioso, drammatico tra i due attori/performer. Sottrazione, è questo il processo che porta a galla le voci del testo shakespeariano, ma distorte e distaccate, attraverso i suoni, il buio, le ombre, i corpi. Lo stile barocco della Cappella Sansevero ben si sposa con la regia, che tende a fissare in momenti le azioni dei due protagonisti, imbrigliati in una sorte di tableaux vivants, specie nella scena sull’altare della cappella, che ricorda per alcuni versi alcuni la concezione alla base degli spettacoli di Mejerchol’d con la Kommissarzevskaja.

È il titolo, a darci la chiave di lettura: “Amleto?”, infatti, ci dice dell’importanza dell’interrogativo sia nell’opera shakespeariana che nella riscrittura di Macelleria Ettore, che rappresenta una sorta di divenire dell’opera. Lo spettacolo non è ancora il dramma shakespeariano, così come i personaggi non sono ancora Amleto: si interrogano, cercano strade, provano l’opera, raccontandoci di loro ma, inevitabilmente, anche di noi. E’ questa la forza dello spettacolo: ognuno può trovare in esso un pezzo di se’, da portar via, ricostruendo alla fine il proprio Amleto, questa volta sì senza punto interrogativo.


Dettagli

  • Titolo originale: Amleto?

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