Nato dalla penna dello scrittore Lee Child e protagonista di ben diciassette romanzi, Jack Reacher è uno di quei personaggi come non se ne vedono più, che i nostalgici degli anni Ottanta non possono non amare. Privo di sfumature esistenzialistiche, non particolarmente loquace, con la situazione sempre (o quasi) sotto controllo, legato fortemente al suo personale codice morale: un duro vecchio stampo, insomma.

Christopher McQuarrie, sceneggiatore e regista di questa prima (e forse non ultima) trasposizione da romanzo (La prova decisiva, il nono della saga di Child), apporta delle personali modifiche allo script, rese necessarie dalle trame eccessivamente irreali e pigre dei romanzi, e ci restituisce un film poco pretenzioso, puro intrattenimento.

Dopo l’omicidio di cinque persone da parte di un cecchino, la polizia arresta un ex militare, tiratore addestrato, James Barr (Joseph Sicora). Le prove sembrano schiaccianti. Prima di essere mandato in coma a causa di un pestaggio, Barr dice alla polizia di cercare Jack Reacher (Tom Cruise), l’unico in grado di scagionarlo. Quest’ultimo, fuggitivo e vero e proprio fantasma per la società, li anticipa presentandosi in città con la ferrea volontà di assicurare Barr alla giustizia, causa una vecchia questione rimasta in sospeso tra loro. Reacher però, convinto dalla bella avvocatessa di Barr (Rosamund Pike) ad indagare sul caso, scoprirà una verità scomoda che metterà in pericolo la sua vita.

Come il suo eroe, anche la pellicola trasuda cinema anni Ottanta con una sceneggiatura semplice e lineare e con qualche imbeccata d’azione, tra pestaggi e inseguimenti in auto, e inevitabili colpi di scena finali come ogni buon giallo (da romanzo) che si rispetti. Lo spettatore non deve far altro che sedersi in poltrona e godersi lo scioglimento della trama e l’inevitabile vittoria dell’eroe sul cattivo di turno. Il finale restituisce Jack alla sua vita, vagabondo senza fissa dimora e senza radici, pronto per la sua prossima avventura.