Le guerre sono piaghe aperte sul mondo, come per le scorie radioattive, se non ci sono le giuste cure, sono necessari decenni per chiudersi e terminare il loro nefando effetto. Il conflitto bosniaco che martoriò la penisola balcanica nei primi anni Novanta è stato parte di uno dei più cruenti, la separazione della Jugoslavia, della storia recente ed è su di esso che facciamo ritorno con Vittoria Fiumi nel suo documentario Il mondo di Nermina, in concorso alla corrente edizione del Via Emilia Doc Fest dopo aver viaggiato in kermesse di rilievo come Locarno e Nyon.

Il terreno calpestato dalla troupe della Fiumi è lo stesso di Nermina Medanovic, unica sopravvissuta della sua famiglia, nonché sola ad aver voluto tornare nella sua vecchia casa, nonostante le difficoltà annesse. La conosciamo poco a poco, lei e la sua famiglia e attraverso le sue parole e i suoi gesti comprendiamo quel lasso di tempo tra il 1995, la fine della guerra, e oggi, insieme a materiale d’archivio, un documentario girato proprio in quell’anno da un gruppo di bosniaci per dare un’immagine alla Bosnia del dopoguerra.

A modo suo il connubio funziona, ma le immagini colpiscono a metà, molto meno delle parole, ben più cariche di sentimento e del peso dei ricordi. Il mondo di Nermina è spaccato in due, intenzioni e discorsi interessanti, scenari e inquadrature poco incisive, Vittoria Fiumi perde sostanza nel suo essere cinema, linguaggio per immagini, lasciando allo spettatore poco da fare se non ascoltare suoni e dialoghi senza doversi concentrare in alcun modo su quanto scorre sullo schermo, talvolta all’apparenza anche superfluo.

Un peccato perché la filmografia documentaria avrebbe bisogno di occuparsi in maggior misura di quanto accadde sulla nostra penisola vicina, narrata dal cinema di finzione molteplici volte – basti pensare alla filmografia di Emir Kusturica -, e chissà se Il mondo di Nermina non possa essere solo un inizio per la ricerca di Vittoria Fiumi. L’occhio non le manca, tantomeno la sensibilità per andare a scavare dove, è chiaro, pochi altri andrebbero a cercare.