In Sala. Un mondo fragile
Dopo aver incantato Cannes, arriva nelle sale Un mondo fragile, opera prima del regista César Augusto Acevedo, racconto dei travagli della geografia fisica ed emotiva della sua Colombia.
Alfonso (Haimer Leal) è un contadino ormai anziano che dopo diciassette anni torna nella sua terra d’origine per prendersi cura del figlio Gerardo (Edison Raigosa), la cui vita è appesa a un filo. Tornare nei luoghi che lo hanno cresciuto è un amaro e polveroso viaggio alla fine del quale tornerà nella casa che ha lasciato ritrovando l’unica famiglia che ha, la sposa (Hilda Ruiz) di un tempo, la nuora (Marleyda Soto) e il nipote (José Felipe Cárdenas). Il paesaggio, la terra però, non sono più quelle di una volta: la canna da zucchero non rende più come un tempo, vittima dei continui incendi per lo sfruttamento delle piantagioni. Intorno a loro sembra non esserci futuro e speranza, a meno che la piccola famigliola non decida di partire e ricostruire la vita altrove.
Un mondo fragile è un gioiello prezioso di respiro internazionale che si aggiunge alla galleria di un cinema silenzioso, puro, dove il succedersi dei fotogrammi si fa poesia: i personaggi sono presenti con i loro gesti, i loro sguardi che occupano l’intero spazio dell’inquadratura, regalandoci una meravigliosa fotografia di un mondo stanco, rassegnato, in sintonia con il cuore malato di chi lo vive. Il regista César Augusto Acevedo fa poesia attraverso il cinema, con delle immagini che si fanno correlativo oggettivo, dando alla sua creatura uno stile chiaro e pulito, ma fa ancora di più perché trasforma la parola in concretezza.
La poesia per raccontare un disagio umano che si specchia nei colori, nella polvere della sua terra, quella che ci ha nutriti e ci ha lasciato addosso molto più di quanto crediamo. Ed è l’incapacità di guardare avanti che spesso acceca l’essere umano, disorientandone e disperdendone anche i legami affettivi, che proprio come la terra si usurano quando abbandonati a sé stessi.
Alfredo torna nella sua terra per ricostruire, ma sa che ripartire sarà inevitabile perché, proprio come in natura, il cambiamento non è solo inevitabile, ma anche necessario. Per amore di se stessi ma soprattutto per l’altro, per quel suo nipotino che in pochi giorni apprende più di quegli adulti che lo hanno accudito. E colpisce come il regista colombiano nel manifestare l’amarezza per i disagi della sua terra e le sue problematiche, che pesano ma non gravano sulla costruzione della vicenda, non manchi però di sottolinearne quel forte senso della comunità a cui il mondo rurale è rimasto sempre ancorato, nonostante l’avvento del progresso.
Dettagli
- Titolo originale: La tierra y la sombra
- Regia: César Augusto Acevedo
- Fotografia: Mateo Guzmán
- Musiche: /
- Cast: José Felipe Cárdenas, Haimer Leal, Edison Raigosa, Edison Raigosa, Hilda Ruiz, Marleyda Soto
- Sceneggiatura: César Augusto Acevedo