Arti Performative

Ortika // “Amy & Blake. Concerto per le ultime parole d’amore”

Giovanna Villella

In scena al TIP Teatro di Lamezia Terme, nell’ambito della diciannovesima edizione della Stagione Teatrale RICRII con la direzione artistica di Dario Natale, Amy & Blake. Concerto per le ultime parole d’amore di e con Alice Conti e con la partecipazione di Giorgio Caporale alla chitarra. Uno spettacolo comico-musicale prodotto da Ortika – Gruppo teatrale nomade, che è un omaggio alla cantautrice britannica Amy Winehouse, icona del cosiddetto “soul bianco” morta per abuso di alcol all’età di 27 anni, un’età attorno alla quale ruota lo stereotipo di una “maledizione” del mondo rock, meglio nota come Club 27 o J27 di cui farebbero parte musicisti tutti morti a quell’età a causa di eventi traumatici o di eccessi dovuti all’uso di droga e alcool e tutti con una “J” nel nome o nel cognome come Amy Jade Winehouse. Alice Conti ne costruisce un personaggio leggero e tenero, con un tocco di tenebrosa solarità tutta raccolta in quel fiore giallo tra i capelli e porta in scena la fragilità di Amy: la sua dipendenza dall’alcool, il difficile rapporto con il padre e quella richiesta d’amore iniziata all’atto della nascita, l’incontro con Blake che diventerà suo marito trascinandola in un vortice di passione e di perdizione. E ancora il suo reiterato rifiuto della riabilitazione “Rehab, rehab, rehab”, urlato con quel triplo e perentorio “no, no, no” nell’omonima canzone che anticipa l’uscita dell’album Back to Black il 27 ottobre 2006.

foto di Luca Imperiale e Dora Coscarelli

Il “Programma dei 12 passi” riproposto con l’ironia di una contorsionista ubriaca, My Girl dei Temptations che contrappunta la sua continua fame di amore a metà tra il sogno e la veglia. Ma si sa, l’amore è un gioco in cui si perde, “…anche il fondo è un posto” e la “speranza è una trappola”. Cantare per non sentire il silenzio allora, mentre gli accordi di chitarra di un vibrante Giorgio Caporale che si rivela perfetto padrone della scena, fanno da scia sonora a Wake Up Alone e ai pensieri parlati di Amy che, come un’equilibrista, si diverte a giocare con la morte: “Da sola di nuovo, l’ho rifatto. Un anno ogni dieci mi riesce… Incuto terrore… Il naso, le occhiaie vuote, quasi tutti i denti…l’alito puzzolente svanirà un giorno… presto, presto. La carne che il severo show business ha divorato tornerà al suo posto su di me e sarò una donna sorridente… ho 27 anni soltanto e come i gatti ho nove volte per morire… questa è la numero… tre? Quanto ciarpame da annientare ogni decennio… che miriade di filamenti, la folla che sgranocchia noccioline e spintona per vedere mentre vengo sbendata mani e piedi. Il grande spogliarello. Signore e signori ecco a voi… ”. Così, mentre il corpo si confronta con il tempo, si veste e si traveste, l’anima abita il vuoto e lo guarda ridendo, accoccolata tra i fumi dell’alcool.

Versi da recitare e versi da cantare convivono nella medesima scrittura contaminandosi a vicenda esattamente come le due lingue (italiano e inglese) che Alice usa in scioltezza per raccontare la sua Amy in un contesto che diventa “poetica del frammento” e che si riflette nel ritmo scenico come nello spazio continuamente rotto da accensioni di riflettori, tagli di luce e irruzioni di una colonna sonora a tratti convulsa, a tratti ammiccante.

La raffinata interpretazione musicale di testi che conservano la loro graffiante e provocatoria immediatezza richiede una misura e un taglio di modulata aggressività in grado di esprimere quell’ironia metamusicale presente tra le righe. Con abilità attoriale ed eleganza canora, Alice Conti riesce a creare una delicata alchimia di spontaneità e sofisticatezza che trova la sua pienezza nelle ultime due canzoni regalate al pubblico: Valerie e Back to Black.

 

[Immagine di copertina: foto di Luca Imperiale e Dora Coscarelli]



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