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INVENTARIA a Roma per un “inventario” delle migliori realtà off italiane. Intervista ai direttori artistici

Roberta Leo

È in corso a Roma la XII edizione del festival INVENTARIA, festa del teatro off indipendente, autofinanziato e sostenibile, che ha coinvolto quattro teatri in quattro quartieri diversi della capitale: Teatro Trastevere, Teatrosophia (che ha ospitato il festival dal 30 settembre al 2 ottobre, e che proprio stasera riapre i battenti con la sua nuova Stagione per la direzione artistica di Guido Lomoro con La particina di Giuseppe Manfridi, per la regia di Claudio Boccaccini, in replica domani 8 ottobre), Fortezza Est, Carrozzerie n.o.t.

INVENTARIA ha consolidato una propria rete di partner anche al di là di Roma, estesa quest’anno a 20 realtà in 11 regioni d’Italia, per un totale di 35 repliche in palio per le compagnie in concorso.

Il concetto di off, tematica tornata ricorrente nel fragile panorama artistico post pandemico, con la dodicesima edizione di INVENTARIA, assume la forma di un vero e proprio concorso. Ideato e diretto dalla compagnia DoveComeQuando, capeggiata da Pietro Dattola e Flavia Germana De Lipsis, INVENTARIA è una prova tangibile di ciò che si sta affermando sul panorama artistico capitolino e, iniziato il 20 settembre, prosegue fino al 16 ottobre per un totale di 14 serate che rendono omaggio al teatro off nelle sue sfaccettature più contemporanee.

Stasera alle 20.00 serata DEMO in concorso, con 5 corti teatrali della durata di 20 minuti. Si alterneranno in scena Scusa di Jacopo Dragonetti, in cui due ragazzi sono incapaci di voler superare le difficoltà insieme, ma uniti dal desiderio di voler essere a tutti i costi la persona giusta per l’altra, Fuoco Fatuo di Emma Rebughini, All You Can Vaxdi Enoch Marrella, che «partendo dal mio personale rapporto con la questione vaccinale ho deciso di descrivere i luoghi che ho scelto per vivere appieno questa esperienza epocale: dalla mitica Nuvola Pfizer nel cuore dell’EUR all’Istituto Luce di Cinecittà», ­Parole a vuoto di Versoriflesso, una performance immersiva che vuole parlare del tema del suicidio attraverso la relazione tra tre donne che si incontrano a una festa di compleanno, e poi ancora S.I.R.I di FAC – Fare Arte & Cultura, Feel di Antonio Anzilotti De Nitto.

Abbiamo intervistato la direzione artistica del festival analizzando circuiti, pluralità di linguaggi, tendenze e criticità del mondo off, un mondo che sta diventando sempre di più una nuova ‘attività d’impresa’ dello spettacolo contemporaneo.

INVENTARIA, giunto alla sua dodicesima edizione, rappresenta il concorso dedicato al teatro off “più grande d’Italia”. Potreste motivare questa affermazione?

INVENTARIA nasce nel 2011 da zero: zero finanziamenti, zero patrocini, zero agganci di qualsiasi generi. La sua è una storia di crescita sostenibile. Negli anni siamo giunti a ospitare in una singola edizione oltre 20 tra Spettacoli e Demo (due sezioni distinte per natura e finalità), privilegiando le prime romane e nazionali; il Festival ha una natura diffusa, essendo ospitato in quattro tra i più riconosciuti spazi off della Capitale; la rete di partner, il cuore pulsante del Festival, è estesa a oltre 20 realtà tra le più attive, sparse in 11 regioni d’Italia. Il tutto senza mai giovarsi, per scelta, di finanziamenti e patrocini. INVENTARIA non è solo un concorso dedicato al teatro off, è esso stesso un concorso off.

Cosa rappresenta per INVENTARIA il concetto di ‘rete’?

Lo scoglio su cui s’infrange il sudore di tutti gli artisti, ormai quasi a tutti i livelli, è la distribuzione. Ciò vale a maggior ragione nell’ambito del teatro off, il teatro indipendente, che si regge esclusivamente sugli incassi, senza il paracadute dei finanziamenti. Questa difficoltà vanifica lo sforzo creativo non solo dal punto di vista economico, riducendo le probabilità di rientrare dalle spese di produzione, ma anche da quello artistico: uno spettacolo che replica poco non può crescere, non può maturare, non può giovarsi del feedback diretto o indiretto del pubblico o, meglio ancora, di pubblici diversi. Non ha la possibilità di respirare. È come un bimbo in pancia, perfettamente formato, ma impossibilitato persino a scalciare. Per questo, oltre ad alcuni premi di natura tecnica (sessioni di consulenza, buoni acquisto per testi del settore, un piccolo premio in denaro nel caso delle Demo), il fulcro della parte competitiva del Festival è dato dalla possibilità di circuitare all’interno di una rete di spazi affini, cosa che consente al tempo stesso di trovare nuovi pubblici, stringere rapporti con nuovi operatori e dare finalmente modo alla propria creatura di girarsi e rigirarsi nella pancia quanto desidera, prima di potersi dire compiutamente nata.

Il concorso si articola in 14 serate, dal 20 settembre al 16 ottobre, e comprende differenti tematiche. Queste sono legate tra loro in qualche modo? Ce n’è qualcuna predominante?

Nel tempo, INVENTARIA ha trovato il suo quid nell’eterogeneità. Si può anzi dire che ci sforziamo di evitare di selezionare spettacoli simili per tematica affrontata e linguaggio scenico. Come suggerisce il nome stesso, il Festival si prefigge come scopo quello di offrire un inventario quanto più variegato possibile delle migliori realtà off italiane. Idealmente, uno spettatore che seguisse tutta la manifestazione dovrebbe vivere 14 esperienze totalmente diverse. Ciò vale anche per le Demo (work in progress di massimo 20 minuti, presentazioni di spettacoli ancora in fase di concepimento), che sono una piccola Inventaria nella grande Inventaria: anche in quel caso l’intento è offrire un caleidoscopio di linguaggi scenici nel lasso di tempo più breve possibile.

Di cosa parla il vostro spettacolo Cascando!?

Cascando! parla, con leggerezza, di ciò di cui si tende a non parlare, nonostante riguardi tutti. È un atto unico ironico-esistenziale che ha come tema la fine e come può essere affrontata. È possibile con grazia, poesia, giochi, risate, disco-music e un cuore appeso, sentinella costante, rimuovere un rimosso? Noi ci proviamo, con un atto di puro amore nei confronti dell’effimero che siamo tutti noi, che gioiamo, ci disperiamo, ci affanniamo, saltiamo, caschiamo, uniti da un destino comune.

Il nome INVENTARIA ha una etimologia particolare e in esso si possono rinvenire alcune parole chiave che aiutano a capire il progetto. Potreste spiegarci perché?

Il nome “INVENTARIA” racchiude in sé i quattro cardini del nostro progetto: contiene la radice “invenio“, che in latino significa “trovare”, dopo una ricerca accurata che svolgiamo tramite bando e anche con le nostre visioni dal vivo; richiama la parola “inventare”, nel senso di offrire al mondo un’invenzione, qualcosa di nuovo, a richiamare il nostro focus sulla drammaturgia contemporanea; è una declinazione della parola “inventario”, di cui dicevamo prima: la molteplicità, la varietà, l’eterogeneità di temi, argomenti, atmosfere, stili e linguaggi scenici stanno alla base della nostra proposta; infine, quel suffisso finale, “-aria”: una ventata d’aria fresca è quello che vogliamo offrire allo spettatore, tanto del settore, quanto occasionale. Per contribuire, nel piccolo nostro e delle compagnie indipendenti che ospitiamo, a far respirare la scena off italiana.



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