Cinema

Salerno Doc Festival 2014. Nei tuoi occhi

Giovanni Bottiglieri

Al Salerno Doc Festival il regista Pietro Albino Di Pasquale porta il punto di vista degli ipovedenti in una soggettiva unica nel cinema documentaristico

 

Il Salerno Doc Festival si apre a una visione alternativa e inedita presentando Nei tuoi occhi del regista Pietro Albino Di Pasquale come quinto lungometraggio in concorso. La visione, definita spesso “inguardabile”, propone il mondo attraverso lo sguardo ipovedente, tema mai affrontato nell’ambito cinematografico poiché si pone come sfumatura fra il mondo vedente e quello non-vedente.

Il film ha come oggetto un’intera giornata “negli occhi” dei protagonisti: una ragazza di tredici anni alle prese con una lettera d’amore che non ha il coraggio di consegnare al compagno di classe del quale è infatuata; parallelamente la macchina da presa, tutta in soggettiva, sposta l’attenzione su Anna, Mauro e Giovanni, una famiglia di ipovedenti, nella quale il solo a vedere è Pierpaolo, il figlio. L’altra protagonista è Zaira, una ragazza che è prossima a un’operazione delicata che la pone in una situazione rischiosa rispetto alla sua vista e che potrebbe comprometterla del tutto. Una giornata negli occhi di Vito, che non sa se suo figlio Daniele, appena nato, sia o meno affetto dalla sua stessa malattia.

Nei tuoi occhi ha avuto quattro anni di post-produzione poiché il regista Di Pasquale, si è documentato scientificamente ricostruendo in modo molto dettagliato il punto di vista fisico dei protagonisti, con tutte le differenze dei casi. Questo film è un’esperienza di vita per qualsiasi spettatore e arriva ben oltre gli obiettivi preposti poiché oltre ad essere un’indagine cinematografica risulta essere un universo che pone delle domande, solleva dei dubbi e soprattutto risponde a degli interrogativi presenti delle recondite profondità di ognuno di noi. Il cinema finisce per essere soltanto un mezzo che, al servizio della filosofia, paradossalmente riesce a mostrare tutta la sua potenza espressiva e l’immagine, che in altri casi tenta di essere distrutta, qui è distorta con naturalezza per la ragione che oltre a percepirla in maniera fisica, la si percepisce soprattutto non guardandola. Questo film è importantissimo per qualsiasi comunità, da quella vedente a quella non vedente o non udente; il cinema come visione, come immagini viene sovvertito senza la volontà di farlo ma, probabilmente per la prima volta, è al servizio di un grado di visione fisica compromesso dalla natura e che compromette la natura stessa dell’origine del cinema.

La sensazione che abbiamo avuto al Festival, con ospiti i protagonisti e una parte importante delle comunità di ipovedenti, non-vedenti e non-udenti, è stata quella che il loro punto di vista fosse per la prima volta mostrato, pur avendo mostrato poco, come condivisione, come crescita individuale e collettiva e, senza avere la pretesa di insegnare qualcosa, lo fa e lo ha fatto con qualsiasi spettatore presente. Questo lungometraggio è il punto di partenza di una ricerca che potrebbe dare origine a un filone di film che al centro mette la condivisione dei linguaggi e delle percezioni umane a tutto tondo.



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