In Sala. Clown
Una maschera da clown maledetta introduce splatter e drammi familiari nell’opera di Jon Watts prodotta dal regista cult Eli Roth
Se chiedessimo ai ragazzini cresciuti negli Novanta qual è l’immagine che più ha sconvolto e traumatizzato la loro infanzia, nella maggior parte dei casi la risposta sarebbe senza dubbio It, il pagliaccio assassino nato dalla mente del genio Stephen King. Un risultato che non sarebbe affatto casuale visto che la figura del clown è stata molto sfruttata dalla letteratura e dal cinema horror per via della sua capacità di creare un inquietante contrasto tra la maschera buffa e uno spirito tormentato e malvagio, retaggio di vecchie leggende che lo inquadrano come un essere non proprio rassicurante e buono. Proprio quest’ultime interpretazioni rappresentano un punto di partenza per Jon Watts che con il suo Clown, prodotto da Eli Roth, cerca, senza riuscirci in pieno, di fondere i soliti canoni del genere al dramma di un personaggio in preda ad una terrificante trasformazione.
Il piccolo Jack (Christina Distefano) compie sette anni e come regalo i genitori gli organizzano una festa con un clown il quale però non può venire a causa di un disguido con l’agenzia. Per ovviare al problema il padre di Jack, Kent (Andy Powers), decide di vestirsi da pagliaccio utilizzando un vecchio vestito ritrovato in una villa che sta ristrutturando. Il gesto si rivela fatale dal momento che l’abito risulta quasi incollato all’uomo che inizia a subire un mutazione dai risvolti terribili.
L’opera di Watts può essere divisa in due parti ben distinte fra loro. La prima metà assume toni più tragici col dramma di un uomo e di un’intera famiglia sconvolta da una trasformazione che porta a cambiamenti radicali e poco piacevoli nel comportamento di Kent. Viene così sottolineato il tema del doppio con il protagonista depresso, scosso da questo suo contrasto interiore che lo porta a vivere male con se stesso e con i mondo circostante. Tutto scorrerebbe liscio se non fosse per la presenza del personaggio della moglie (interpretata da una pessima Laura Allen) dalla quale partono dialoghi melensi fino all’eccesso che poco aggiungono allo svolgimento della storia, rendendola anzi macchinosa. A questa prima parte blanda e soporifera, però, vi fa da contraltare una seconda frazione molto più vivace e caratterizzata da atmosfere horror anni Ottanta con citazioni di capolavori di quel periodo; su tutti Quella villa accanto al cimitero di Fulci e La Casa di Raimi, quest’ultimo richiamato dall’ottimo make-up del demone-pagliaccio. La gestione della tensione appare convincente e Watts riesce a dar vita a scene madri ad alto tasso di tensione, come quella molto claustrofobica dello scivolo, in cui appare chiara l’influenza di Eli Roth visti i litri di sangue schizzati per la gioia degli amanti dello splatter.
Dettagli
- Titolo originale: Id.
- Regia: Jon Watts
- Fotografia: Matthew Santo
- Musiche: Matt Veligdan
- Cast: Andy Powers, Laura Allen, Christian Distefano, Eli Roth, Peter Stormare
- Sceneggiatura: Jon Watts, Christofer D. Ford