The Kill Team
La guerra in medio oriente da parte degli USA crea da molti anni polemiche e dibattiti pubblici, poiché per molti è sembrato un po’ fin dall’inizio un deja-vu del Vietnam, ossia una guerra all’apparenza veloce e indolore, e che invece avrebbe causato più danni che benefici.
In concomitanza dei fatti reali, il cinema ha creato nell’era contemporanea un filone del mastodontico genere dei war movie incentrato sulle vicende dei soldati americani in medio oriente, e sulle conseguenze psicologiche e sociali che una guerra del genere comporta nella mente e nella quotidianità dei marines.
Basti pensare a film come American Sniper di Clint Eastwood, che in tal ramo ha fatto raggiungere il picco più alto in termini di qualità visiva ed introspettiva decadenza psicologica del protagonista (un po’ come nel caso della guerra in Vietnam lo fu il Full Metal Jacket di Kubrick).
The Kill Team – diretto da Dan Krauss, il quale nel 2014 creò un documentario omonimo – si inscrive proprio nei war movie dedicati alla guerra in medio oriente del nuovo millennio, e nel caso specifico nel 2009 in Afghanistan, ove un gruppo di soldati, capitanati dal sergente Deeks – interpretato da Alexander Skarsgard, appena uscito dall’ottima interpretazione nello show televisivo Big Little Lies – cominciano ad utilizzare metodi criminali contro la popolazione del villaggio; anzi, addirittura commettono degli omicidi su civili disarmati.
Il personaggio che si carica di una asfissiante sofferenza psicologica per la situazione creatasi è proprio il protagonista Andrew Briggman (Nat Wolff), che a differenza dei suoi compagni d’esercito, comincia a dubitare e ad andare contro i metodi poco ortodossi del sergente.
Il film di Krauss, in poco meno di novanta minuti, cerca di analizzare le pericolose dinamiche create da una piccola parte dell’esercito statunitense, nel microcosmo della progressiva disgregazione del protagonista, partito con l’ambizione di ritagliarsi un posto prestigioso all’interno dei commilitoni, purché non con tali metodi. La durata del film risulta una scelta saggia, dato che nel descrivere una condizione psicologica opprimente – basata su indecisione, sofferenza e addirittura paura per la propria incolumità all’interno del reparto – ci vorrebbe una sceneggiatura imponente e ben architettata, cosa che The Kill Team sfortunatamente non ha, nemmeno nella seconda parte quando – al di là della parte di plot incentrato sulla sfera mnemonica del protagonista – poteva entrare in campo uno sviluppo della trama maggiormente intrigante.
E quindi più che creare un film – che per quanto realistico, è pur sempre di finzione – Krauss sembra che ricostruisce la struttura narrativa già enfatizzata nel documentario omonimo.
Non bastano le buone interpretazioni di Nat Wolff ed Alexander Skarsgard, delle accennate carrellate durante le visite nei villaggi (che sono le uniche parti “action” della pellicola), unite ad un montaggio sonoro rimbombante da grande schermo, a far entrare The Kill Team in un contesto altamente qualitativo dei war movie, e nemmeno del sottogenere della guerra moderna in medio oriente, probabilmente; sottolineando che tale sotto-genere in questo decennio, non è riuscito sempre a creare prodotti di spessore artistico.
La pellicola insomma si inscrive in un limbo dalla ambigua lettura, dato che non riesce ad elevarsi ad una coinvolgente digressione psicologica come è in American Sniper o in Fury di David Ayer, o all’affascinante costruzione scenografica e d’azione di film degli ultimi anni come La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson (seppur quest’ultimo – come del resto anche Fury – è ambientato nella seconda guerra mondiale, nello specifico sul fronte del pacifico).
Resta comunque una celebre critica e denuncia verso le dinamiche belliche del medio oriente da parte degli americani, che da sempre nell’opinione pubblica sono stati visti come la parte buona nelle grandi guerre, come i salvatori, come i portatori di pace, e invece nell’era moderna sembrano aver preso più loro la parte dei “cattivi”, a discapito poi non solo degli spietati dittatori dei vari paesi medio-orientali, ma in primis della popolazione che vive quei luoghi, che ha vissuto l’arrivo degli americani non come l’imminente epilogo di una guerra civile, anzi come l’inizio di un’altra.
Eppure il sergente Deeks non smetterà di ripetere che “noi siamo i buoni” rivolgendosi al giovane Andrew, convincendo gli altri e auto-convincendosi che guerre di pace non esistono, e che uccidere le persone, anche in maniera fredda e meschina, è un atto naturale e inevitabile in quei contesti. I veri cattivi per Deeks sono il governo e le istituzioni militari, che macchiano l’onore dei marines, e che per mantenere dei buoni rapporti con l’opinione pubblica, mettono proprio i soldati in pericolo e al cospetto di situazioni ingestibili.
Se il film – come ribadito – si fossilizza un po’ nel mezzo delle strutture tematiche e stilistiche collegate ai war movie post-modernisti, quel mezzo lo attraversa per tutto il minutaggio lo stesso protagonista, non sapendo concretamente che parte prendere all’interno della storia. D’altronde si sa, rimanere nel mezzo in ogni esperienza di vita, e soprattutto in contesti bellici, non evita dal prendersi delle conseguenze per delle azioni, anche se non compiute direttamente, perché quella via di mezzo, segue in parallelo una via del peccato. E se, un celebre personaggio seriale come Tony Soprano dichiarava nello show della HBO: “una cattiva decisione è meglio di nessuna decisione”, la frase che perseguiterà Andrew Briggman durante la personale disgregazione dell’Io è, per dire meglio: “Una decisione è meglio di nessuna.” Nonostante ciò, nel tentativo (non semplice, per giunta) di coinvolgersi nelle dinamiche narrative della pellicola, lo spettatore non può biasimarlo.
- Diretto da: Dan Krauss
- Prodotto da: Marty Bowen, Wyck Godfrey, Adrian Guerra, Isaac Klausner
- Scritto da: Dan Krauss
- Protagonisti: Nat Wolff, Adam Long, Jonathan Whitesell, Brian "Sene" Marc, Osy Ikhile, Anna Francolini, Rob Morrow, Alexander Skarsgård
- Musiche di: Zacarias M. de la Riva
- Fotografia di: Stéphane Fontaine
- Montato da: Luke Doolan, Franklin Peterson
- Distribuito da: A24 (Stati Uniti), Eagle Pictures (Italia)
- Casa di Produzione: Nostromo Pictures, Temple Hill Entertainment
- Data di uscita: 27/04/2019 (Tribeca), 17/10/2019 (Italia), 25/10/2019 (USA)
- Durata: 87 minuti
- Paese: Stati Uniti
- Lingua: Inglese