Domino
Nel domino, ogni giocatore che prende parte al gioco da tavola ha alcune carte che man mano deve scoprire e ordinare sul tavolo, per formare infine un ossario, ossia una figura serpentina. Chi fa più punti (o arriva prima a cento) vince e si aggiudica la partita, attraverso un percorso evolutivo, che unisce tessere dagli stessi punteggi, in grado di formare – come accennato – lo schema finale.
Domino è anche il titolo della nuova opera (di produzione danese) diretta da Brian De Palma – celebre autore della grande corrente della New Hollywood – che dopo sette anni (l’ultimo film fu Passion nel 2012) torna alla regia con una pellicola che ha due cose in comune con il gioco omonimo: il processo evolutivo di scoperta delle figure e dei relativi punteggi, e l’attesa sul chi si aggiudicherà la partita.
Perché nell’Europa dei nostri giorni, l’agente Christian Toft – interpretato dalla star di Game of Thrones, ossia Nikolaj Coster-Waldau – si ritrova insieme al suo collega di sempre ad intervenire in un palazzo per arrestare un membro dell’ISIS. Sfortunatamente, ha dimenticato la sua pistola di ordinanza, e per circostanze fortuite il collega/amico viene assassinato. Il caso farà partire un’indagine vendicativa dello stesso Christian, che lo metteranno ai ferri corti con le cellule terroristiche in atto in Europa, con la CIA americana, e con lo stesso capo della polizia, reticente a consegnargli le indagini. Ben quattro gruppi di giocatori, pronti ad aggiudicarsi la partita, ed ognuno con dei personali obiettivi, cosa che rende il film più simile al Risiko che al Domino.
De Palma è intenzionato fin dalle prime inquadrature a creare un film di genere action, inserito nel contesto attuale di caccia agli attentatori in Europa – quasi introvabili all’interno dello scacchiere delle capitali – ove eseguono degli attentati lampo, volti a insediare nella popolazione una convinta paranoia per la vita quotidiana. E chi meglio del regista americano può avviare una sperimentazione ed un innovamento dell’action, dato che da sempre nella sua filmografia si è immerso in qualsiasi genere cinematografico: dal bellico alla science fiction, fino al gangster movie.
La prima cosa che si nota è d’altronde la completa divergenza tra la regia e la sceneggiatura, quest’ultima non curata dall’autore americano. Se egli infatti cerca di dare alla visione delle inquadrature un obiettivo, diretto a generare la suspense, la dinamicità delle scene, e a giocare molto sui punti di vista dei rispettivi “giocatori” – intenti ognuno nella ricerca ossessiva dei propri obiettivi prefissati – la sceneggiatura invece stona totalmente, e lascia il film ad una mediocrità altamente avvertibile, perché i tagli di produzione che la pellicola ha subito (dei quale lo stesso De Palma se ne è lamentato in interviste recenti) sono ben evidenti, e storpiano tutti i processi evolutivi dei rispettivi personaggi, creando un ossario fin troppo disordinato.
Tale dislivello tra regia e sceneggiatura, condiziona la durata del film (che non arriva nemmeno a 90 minuti), la quale non permette né l’evoluzione dei personaggi, né il rispettivo percorso narrativo, e né una logica e funzionale conclusione della trama, che si appiattisce, e butta soluzioni e scene improvvisate senza un filone rigoroso.
La brevità del minutaggio conferma gli enormi tagli fatti al film (secondo alcuni addetti ai lavori – compreso De Palma – più di 30 minuti di girato sono stati accantonati dalla casa di produzione danese), e dichiara ulteriormente come la seconda metà della pellicola sia più un riassunto delle dinamiche iniziali, che un’evoluzione naturale.
Non bastano le buone interpretazioni, da un lato del Jaime Lannister di Game of Thrones, e dall’altro (nei panni di quello che probabilmente doveva essere il vero villain della pellicola, ma che per disfacimenti narrativi, non riesce mai ad esserlo del tutto) di Guy Pearce nei panni dell’agente CIA che segue, sfrutta, e minaccia dei terroristi, dei pesci piccoli, per arrivare ai capi delle cellule collegate all’Isis; egli è un archetipo dei metodi loschi, della parte più oscura e poco ortodossa dell’intelligence americana.
Nel complesso, è un peccato come un autore del calibro di De Palma non sia riuscito dopo anni ad intraprendere un progetto suo, ove avere carta bianca in tutta la produzione, perché le basi e le tematiche c’erano per realizzare un prodotto di livello, basato su di una paranoia sociale contemporanea molto preoccupante nel panorama europeo e mondiale.
Al di là della descrizione della paranoia del terrorismo, non più in atto in medio oriente, ma che ormai da anni ha messo piede in Europa, proprio sul suolo dove noi europei viviamo ogni giorno della nostra vita (accrescendo ancora di più la minaccia, e la paura di partecipare ad eventi, manifestazioni, e cerimonie pubbliche), Domino si spinge in tal contesto, pressato altresì non dalla semplice indagine, ma dalla voglia di vendetta. Violenza chiama violenza, e seppur in un contesto microcosmico, fa sorgere una sorta di guerra nella stessa Europa, dove appunto la brutalità e l’assassinio vengono combattute con la violenza stessa, con i metodi barbari dell’intelligence e con la paranoia, che schiaccia ancora di più il contesto apparentemente civilizzato, per farlo divenire barbarico.
In Domino film, in conclusione, non vince nessuno, non ci sono né vincitori, né vinti, anzi i vinti sono la popolazione, le persone che atrocemente nella realtà, e poi di riflesso nel contesto cinematografico hanno perso la vita, solo perché vivevano la loro routine quotidiana, solo perché si trovavano al posto sbagliato, nel momento sbagliato. Forse – come accennato – l’unico vincitore è la violenza, la guerra, che in contesti moderni e lussuosi non smette di esistere, non smette di creare divisioni culturali, politiche, e religiose, per il volere di pochi e meschini personaggi.
L’ossario di Domino lo spettatore non riuscirà mai a vederlo, forse lo immagina, ma non lo noterà mai concretamente, perché in fondo non c’è; probabilmente c’era in un’intenzione ambiziosa, ma che non si è concretizzata. I pochi stralci di regia d’autore di Brian De Palma non valgono (come si suole dire) il prezzo del biglietto, insieme anche ad una ben curata fotografia in chiaro-scuro e ad alcune scene in primo piano volte a tratteggiare come le tecnologie (televisione, telecamere, dirette sui social media ecc.) aiutino oggi i terroristi nell’impiantare la mentalità della paura nelle città. Paranoia e tecnologie, le quali in un percorso di osmosi verso il terrorismo, formano la sindrome più feroce della società contemporanea.
- Diretto da: Brian De Palma
- Prodotto da: Michel Schønnemann
- Scritto da: Petter Skavlan
- Protagonisti: Nikolaj Coster-Waldau, Carice van Houten, Guy Pearce
- Musiche di: Pino Donaggio
- Fotografia di: José Luis Alcaine
- Montato da: Bill Pankow
- Distribuito da: Saban Films (USA), Eagle Pictures (Italia)
- Data di uscita: 31/05/2019 (USA), 11/07/2019 (Italia)
- Durata: 89 minuti
- Paese: Belgio, Danimarca, Francia, Italia, Paesi Bassi
- Lingua: Inglese