#LaSceltaDiToronto: Il lenzuolo viola, di Nicolas Roeg
Il People’s Choice Award del Toronto International Film Festival: 10 vincitori per raccontare le scelte del pubblico nel corso dei 36 anni di storia del TIFF.
Oggi lo conosciamo come il Toronto International Film Festival, per importanza la terza kermesse al mondo, dopo il Sundance di Park City e il Festival di Cannes sulla Riviera francese, ma un tempo il suo nome rappresentava qualcosa di ben diverso: il Festival of Festivals. Nacque nel 1976, in una nazione con un futuro grandioso nel mondo del cinema, patria di tanti studios cinematografici di ogni genere, meta favorita da registi del calibro di Guillermo Del Toro e Neill Blomkamp. Una fuga dagli USA con cui giornali tematici si son rimpinzati a dovere. La grande sensation canadese ha colpito tutti, danneggiando persino uno dei festival più antichi al mondo, la Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Nel 1994 il festival di Toronto prese il suo attuale nome e nel corso degli anni, battutosi per attrarre sempre più membri della stampa, star e film d’autore rubò l’attenzione dei media al collega più prestigioso situato sul Lido veneziano. Uno dei grandi cavalli di battaglia di Toronto che lo ha differenziato da tutti gli altri per decenni, apparve nel 1978 ed è rimasto inchiodato al suolo fino ad oggi: il People’s Choice Award. Un’idea efficace e apprezzata dai distributori, desiderosi di avere nel proprio catalogo un film che piace (e vende) e non qualcosa che un addetto ai lavori reputa bellissima senza saper che ne pensano i “comuni mortali”.
Nel corso di quasi 40 anni spesso e volentieri il vincitore del premio del pubblico ha predetto i risultati agli Academy della stagione invernale, dimostrando anche quanto lo spettatore pagante fosse capace di una scelta abbastanza oculata. C’è chi teme che dando il potere al pubblico i film migliori ne soffrirebbero, un pericolo innegabile, ma la storia del Festival di Toronto ha dato prova anche del contrario e l’Estate di Scene Contemporanee sarà dedicata a dieci titoli di vincitori del People’s Choice Award per ricordarci come non sia assolutamente necessario doversi fidare solo di una giuria di “esperti”. Detto fra noi, di critiche e scandali se ne parla in continuazione anche (e soprattutto) quando c’è una giuria di mezzo e questo il Festival di Roma lo sa fin troppo bene, motivo per cui da quest’anno il pubblico avrà il potere.
Sarebbe scontato partire dal 1978 con Girlfriends, un film che colpì persino Stanley Kubrick, o il documentario Best Boy, una scelta che dovrebbe lasciar pensare chi un anno fa era convinto che solo il Leone d’Oro a Rosi avrebbe sdoganato il genere. Particolare in più sensi fu la vittoria della controversa creatura dell’anglo-sassone Nicolas Roeg nel 1980, Il lenzuolo viola, primo film non statunitense a vincere il People’s Choice Award a Toronto. Sette anni prima si discuteva di A Venezia… un dicembre rosso shocking, con una scena di sesso tra Julie Christie e Donald Sutherland più realistica del dovuto, poi fu il momento di David Bowie con L’uomo che cadde sulla Terra e infine il ripescaggio di Art Garfunkel dall’Ossessione carnale di Mike Nichols per interpretare il ruolo di uno psichiatra ossessionato dalla giovane e libertina Theresa Russell, futura compagnia del regista Roeg.
Il pubblico pudico, il pubblico fragile, un mito infranto con la vittoria del premio de Il lenzuolo viola, votato da tutti nonostante un montaggio non lineare, un linguaggio esplicito e numerose scene in cui la Russell si scopriva a tratti anche integralmente. Un affronto allo spettatore, Bad Timing (titolo originale) non fu concepito per compiacere gli affittuari delle poltroncine. L’idea stessa era di sconvolgere con il paradosso di un uomo devoto alla psicanalisi crollato sotto il peso dei suoi stessi pazienti, prima solleticato, poi innamorato, infine malato al punto da commettere un gesto efferato ben lontano dall’immaginazione del pubblico.
Questo nel 1980, otto anni dopo la censura che colpì Ultimo tango a Parigi di Bertolucci e prima dell’esplosione del giallo erotico di Brivido caldo e Omicidio a luci rosse o dei sentimentali 9 settimane e mezzo e Orchidea selvaggia. Generi di grande successo, la parola poteva carezzare il corpo e gli attori potevano spogliarsi, il porno esploso nella metà degli anni Settanta aveva rilasciato il desiderio al punto da consentire a un pubblico vasto di scegliere come vincitrice un’opera esplicita e perversa, dove adulterio, necrofilia e violenze sessuali si scontravano senza indorare la pillola. Sconvolto fu il distributore/produttore che decise di togliere il proprio marchio dal film e di sperperare insulti contro la propria produzione, al contrario di chi lo preferì ad una selezione di film sicuramente più morbida. Oggi Il lenzuolo viola è entrato a far parte della Criterion Collection, ed è considerato uno dei migliori di Nicolas Roeg. Toronto non aveva sbagliato.